E avventurato Dante che in mezzo ai dolori onde i suoi giorni furono travagliati ebbe un conforto, una speranza che nessuno poteva togliergli o menomargli!... Avventurato Dante che nella reminiscenza dell'affetto trovò quell'immagine di perfezione!... Avventurato Dante quando si pensi che nessun malvagio istinto frammisto coi primi sospiri e niuna macula nei costumi di Beatrice gli impedirono di raffigurarla sì pura e di innalzarla sì alta nei cieli!... Avventurato Dante che vide e riconobbe vivente in un bel volto di donna quella virtù che sprona al bene e innamora del vero!...»
Si potrebbe continuare per molte pagine su questo tono, ma per dimostrare che Dante collocò la moglie a tutti nota di Simone de' Bardi sul Carro tirato da Gesù Cristo, questa rettorica non basta: so benissimo che ne sarà fatto ancora larghissimo uso, specie contro di me, come ne fu fatto larghissimo uso contro il Rossetti, ma non basta.
Noi arriviamo oggi all'esame della Vita Nuova con tali conoscenze ignote al D'Ancona e ai suoi seguaci, che possiamo porre il problema in termini completamente diversi e ben più seri.
Sappiamo che sono figurazioni della Sapienza santa la donna di Guido Guinizelli, la donna di Guido Cavalcanti, la donna di tutti gli altri poeti amici di Dante, la donna di Dino Compagni, la donna di Francesco da Barberino, la donna di Cecco d'Ascoli. Sappiamo che nell'opera stessa di Dante è figurazione della Sapienza la Beatrice della Commedia come è figurazione simbolica (della Sapienza razionale) la «Donna gentile» del Convivio e della Vita Nuova.
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