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      non però ch'a la gente sia nascoso,
      ma per farne crucciosochi d'amor per innanzi si notrica.
      Come se chi non si notrica d'amore non dovesse essere doglioso della morte! Ma al solito Morte è opposta ad Amore come errore a verità, e questo vituperare la Morte eccitando contro di lei chi si nutrica d'amore è nello stesso tono e nello stesso senso che nella canzone di Cino: O Morte della vita privatrice, dove si tratta evidentemente della Chiesa corrotta.
      Continua dicendo che la Morte (la Chiesa) ha partito dal secolo (dal mondo) la cortesia, che ha distrutto l'amorosa leggiadria in gaia gioventude e a un certo punto, non si sa perché, dice che non può scoprire chi sia questa donna morta (quantunque non ci fosse davvero ragione né pericolo di comprometterla):
      Più non vòi discovrir qual donna siache per le proprietà sue canosciute.
      Chi non merta salutenon speri mai d'aver sua compagnia.
      Le divisioni di questa poesia (quelle buffe divisioni che servono ammirabilmente a Dante per sconvolgere la testa del lettore e fargli credere di avere spiegato le cose mentre ha gettato soltanto qualche richiamo a chi è capace d'intendere) non dicono naturalmente nulla, tranne che Dante ha voluto vituperare la morte (come tutti i suoi amici innamorati e pure credenti nell'immortalità) e aggiunge, parlando degli ultimi versi, che in essi «mi volgo a parlare a indiffinita persona, avvegna che quanto a lo mio intendimento sia diffinita». Pertanto l'ultima parte è rivolta a persona diffinita, alla quale si dice che non merita salute e Dante pur facendoci sapere che questa persona c'è, non ci vuol dire chi sia.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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