E inoltre, non è molto strano che uno, dovendosi appoggiare a qualche cosa, si appoggi a una pintura? A un muro, dipinto o no, si capisce che uno si appoggi se vi si trova vicino, ma in questo caso è perfettamente inutile raccontare in una narrazione così schematica se il muro era dipinto o imbiancato ed è perfettamente ozioso (e quindi sospetto) nel contesto del racconto quel particolare che la pintura «circundava questa magione».
A queste stranezze si deve aggiungere un fatto, e cioè che la parola «pintura» si presenta in altri casi come parola in gergo a significare la dottrina della Chiesa corrotta e che tra poco vedremo le donne stesse (gli adepti) glorificare Dante tornato trionfalmente alla setta, perché non crede nella «pintura». Elogio che è veramente ridicolo.
Vogliamo affacciare un'ipotesi?
Supponiamo che mentre Dante era, come ho detto, in quarantena, sia stato portato da un suo amico in una riunione settaria di gente nuova per lui, che non era quella dei soliti adepti, che egli sia andato senza aspettarsi quindi di trovarsi immediatamente là dove si parlava della santa Sapienza alla quale era stato iniziato. Improvvisamente Dante si accorge in mezzo a estranei, che si parla della Sapienza santa, che c'è Beatrice, e allora, data la novità dell'ambiente, egli ha un primo moto istintivo: quello di fingersi non adepto, quello di fingersi ignaro della dottrina della Sapienza e seguace della dottrina comune della Chiesa, di dissimulare cioè il suo essere di adepto appoggiandosi a una pintura, appoggiandosi però simulatamente, perché egli non crede alla pintura, crede invece a Beatrice.
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