Crede a Beatrice, è fedele alla Sapienza santa, e proprio in quel luogo, ritrovandola improvvisamente, nelle parole forse di un sacerdote del movimento occulto, risentendosi in grande propinquitade di essa, pur mentre simula, egli ha uno slancio di fervore più intenso che mai, egli è più che mai immerso in lei che è pura contemplazione. Tutto in lui è distrutto, sentimenti, affetti, egli resta pura contemplazione, pura visione, visione però - si noti - che non è visione degli occhi materiali, ma visione intellettuale, che è fuori degli occhi. Ed ecco che cosa significa l'oscura frase: «Non ne rimasero in vita più che li spiriti del viso; e ancora questi rimasero fuori de li loro istrumenti».
Ecco perché Dante, nella nota che segue al sonetto ove si racconta questo fatto, scrive queste parole rivelatrici, nelle quali la ragnatela del racconto realistico viene gravemente arruffata e rotta e Dante finisce con dire anche troppo aperto, che tutti questi discorsi riguardano una dottrina iniziatica e che egli parla soltanto per gli iniziati: «Vero è che tra le parole dove si manifesta la cagione di questo sonetto, si scrivono dubbiose parole, cioè quando dico che Amore uccide tutti li miei spiriti, e li visivi rimangono in vita, salvo che fuori de li strumenti loro. E questo dubbio è impossibile a solvere a chi non fosse in simile grado «Fedele d'Amore»; e a coloro che vi sono è manifesto ciò che solverebbe le dubitose parole: e però non è bene a me di dichiarare cotale dubitazione, acciò che lo mio parlare dichiarando sarebbe indarno, overo di soperchio».
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