Ma intanto è chiamato in giudizio dalla setta.
XVIII. Dante ci fa sapere infatti a questo punto che molte persone avevano «compreso lo secreto del suo cuore». «Certe donne (adepti), le quali adunate s'erano dilettandosi l'una ne la compagnia de l'altra, sapevano bene lo mio cuore». E Dante è chiamato da queste donne (giudizio della corte d'amore). È un vero e proprio tribunale di donne (di adepti) che lo interroga. Tra i giudici alcuni ridono tra loro, altri aspettano che egli si scolpi, finalmente una «volgendo li suoi occhi verso me e chiamandomi per nome, disse queste parole: "A che fine ami tu questa tua donna, poi che tu non puoi sostenere la sua presenza?" ... E poi che m'ebbe dette queste parole, non solamente ella, ma tutte l'altre cominciaro ad attendere in vista la mia risponsione». Si tratta di un interrogatorio in piena regola e la domanda vera è: «Come affermi tu di essere tanto fedele alla Sapienza santa visto che non puoi sostenere di vederla e la ripudi in apparenza?»
Dante risponde: «Madonne, lo fine del mio amore fue già lo saluto di questa donna, forse di cui voi intendete, e in quello dimorava la beatitudine, ché era fine di tutti li miei desiderii. Ma poi che le piacque di negarlo a me, lo mio segnore Amore, la sua merzede, ha posto tutta la mia beatitudine in quello che non mi puote venire meno».
Il che vuol dire: la mia felicità era il saluto mistico della Sapienza santa, voi me lo avete negato e io ho posto ora la mia beatitudine nell'amarla per mio conto in segreto.
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