E «quello che non mi puote venire meno».
Le donne (gli adepti giudicanti) «cominciaro a parlare tra loro»; poi l'interrogante chiede: «Noi ti preghiamo che tu ne dichi ove sta questa tua beatitudine».
Dante risponde: «In quelle parole che lodano la donna mia». (È vero che la setta mi ha negato il saluto, ma io ho continuato a cantare per la Sapienza santa).
Allora gli rispose questa che gli parlava: «Se tu ne dicessi vero, quelle parole che tu n'hai dette in notificando la tua condizione, avrestù operate con altro intendimento». (Dobbiamo ritenere che tu veramente sei stato fedele a Beatrice quando facevi e scrivevi cose per le quali noi ti ritenevamo infedele?).
Come si vede l'interrogatorio che pareva in principio quasi scherzoso cianciare di donne che domandano a Dante soltanto come mai egli ami una persona della quale non può sopportare la vista, qui finisce con l'investire in pieno la coerenza di Dante e l'intendimento di certe sue parole che le donne hanno interpretato diversamente da come le interpretava Dante, o che Dante ha detto, pare, con intendimento tale che non sembrava coerente con il suo amore per Beatrice.
Infatti Dante parte quasi vergognoso dicendo fra se medesimo: «Poi che è tanta beatitudine in quelle parole che lodano la mia donna perché altro parlare è stato lo mio?»
Il che vuol dire evidentemente che un qualche suo parlare non era stato chiaramente diretto a lode della sua donna e che la setta aveva qualche ragione di accusarlo, sia pure in base ad apparenze.
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