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      Dante dice che «colui che era stato genitore di tanta meraviglia quanta si vedea ch'era questa nobilissima Beatrice, di questa vita uscendo, a la gloria eternale se ne gìo veracemente».
      Chi sarà stato questo padre di Beatrice, se Beatrice è la setta dei «Fedeli d'Amore»? Ci torna in mente che Dante chiama Guido Guinizelli: «Il padre Mio e de li altri miei miglior che mai Rime d'amore usar dolci e leggiadre(500)». Guinizelli era pertanto «il padre» di tutti i «Fedeli d'Amore». Questa espressione ci fa pensare che Dante poté chiamare «padre» della setta, un personaggio che avesse avuto importanza nella formazione, nel rinnovamento o nella direzione della setta stessa. Di Guido Guinizelli noi storicamente sappiamo assai poco, anzi non sappiamo addirittura nulla dei suoi ultimi anni. Probabilmente quando Dante scriveva questi versi egli era morto già da qualche anno e sarebbe arrischiato supporre che si tratti di lui (quantunque una volta riconosciuto il valore puramente di gergo simbolico delle date della Vita Nuova, la cronologia degli eventi ai quali si accenna in essa venga del tutto sovvertita). Non è affatto inverosimile però che in quest'epoca sia morto un personaggio a noi sconosciuto o che non possiamo identificare tra i personaggi storici, che abbia avuto grande importanza nella formazione della setta o nella sua direzione. Parlo naturalmente della setta qual era diffusa in Italia e forse nel mondo, perché a Firenze era stato fino allora evidentemente capo della setta (Sol colui che vede Amore) Guido Cavalcanti.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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