Onesto Bolognese, nella poesia nella quale accoglie ironicamente Cino da Pistoia che, dopo molte tergiversazioni, ha abbandonato Amore (la setta), comincia: «Siete voi messer Cin se ben v'adocchio» e finisce «Né ciò v'insegnò mai Guido né Dante».
I due maestri d'Amore si erano succeduti. Ecco perché Amore, con aspetto inconsuetamente lieto (assurdo nel senso letterale, perché Dante usciva allora dalla terrificante premonizione della morte di Beatrice), gli annunzia il nuovo avvenimento che trasforma Dante e lo fa tale che il suo cuore è diventato un altro. Gli annunzia semplicemente che d'ora in poi a Guido succede Dante, a Giovanna pertanto segue, succede Beatrice e Giovanna o Primavera appare come la precorritrice di Beatrice, e Beatrice da questo luogo e da questo momento può ben a diritto chiamarsi «Amore», perché il Capo della setta identificata in sé e nella sua passione mistica l'Amore, tanto che Guido scrive a nome d'Amore, tanto che Guido era prima «Sol colui che vede Amore» e la frase insulsa e fuor di luogo: «E chi volesse sottilmente considerare, quella Beatrice chiamerebbe Amore per molta somiglianza che ha meco» significa: da oggi in poi Beatrice, la donna di Dante, concreta in sé la setta d'Amore perché il capo dei «Fedeli d'Amore» è diventato Dante. E Beatrice è succeduta a Giovanna, ha seguìto Giovanna.
E Dante scrive il sonetto per il fratello Guido rappresentando questa successione in forma idilliaca, soave, fraternamente affettuosa. Ma Dante crede, quando scrive il sonetto, che Guido miri ancora a Giovanna; Guido invece ha avuto a disdegno Giovanna e con ciò, si noti, ha avuto a disdegno Beatrice.
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