E chi mai si sarebbe presa questa bega quando Dante non si degnava di farci sapere neanche come si chiamava la sua donna e la faceva abitare in quella sopradetta città che viceversa non era mai «detta»?
Dante non parla dunque della morte di Beatrice perché non ne vuole parlare o meglio, ne vuol dire quel tanto che basti per chi ha verace intendimento per comprendere che si tratta della mistica morte. Ma evidentemente qui il lettore dubiterà forte dicendo: «Che cosa dunque dobbiamo pensare, che Dante abbia avuto sul serio una forma d'estasi, un excessus mentis vero e proprio come quelli che avevano i Santi, come quelli che possono avere alcuni individui d'eccezione, esseri superumani o patologici che si vogliano ritenere? O dobbiamo credere che con questo excessus mentis Dante abbia voluto intendere una forma di visione soprannaturale, simile forse a quella che egli ebbe nella Commedia, o magari quella visione stessa, nella quale appunto Beatrice morta, in quanto è morta, lo conduce fuori della sua mente a mirare là ove la memoria non può ire, a mirare nella faccia di Dio?»
Per me, mentre ho la sicurezza che questa morte di Beatrice è mistica e significa excessus mentis, non credo di avere elementi sufficienti per poter determinare quale forma di excessus mentis Dante abbia voluto in essa adombrare. E il mio dubbio è perfettamente giustificato perché nel testo nel quale ho trovato la chiara conferma del fatto che per questi poeti la morte di Madonna significava l'excessus mentis (la expositio di Nicolò de' Rossi), si dice che l'ultimo grado dell'amore è l'excessus mentis (cioè l'estasi), ma che esso è di quattro modi: «Nunc est tractandum de isto gradu (amoris) exstasym quare scire oportet quod exstasys dicitur excessus mentis et potest contingere quatuor modis». Il primo, detto impropriamente estasi, si ha quando qualcuno «si astrae» non per quanto riguarda l'atto e l'uso dei sensi, ma solo per quanto riguarda l'intenzione: «Quam totam confert in usum superiorum vel amatorum.
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