E noi siamo certi di tutte e due queste cose: del fatto che Dante conseguì il sommo grado della gerarchia e del fatto che egli si ritenne (come dimostra la Divina Commedia e la sua dottrina segreta) capace di avere rivelazioni dirette delle verità eterne, perché la dottrina segreta della Divina Commedia, comunque si voglia giudicare, non è quella che circolava per le scuole ortodosse. Per chi ancora fosse in dubbio sul fatto che Beatrice è la Sapienza, egli passa senz'altro a spiegare perché il numero nove «fue amico» di questa donna, per concludere che ella era «un nove», per confondere in vari modi la testa della «gente grossa», e siccome il nove era da secoli il numero della «Sapienza», per ripetere e ribadire che essa era puramente e semplicemente la santa Sapienza.
XXIX. Lasciamo la stoppa dei riavvicinamenti artificiosi e sforzati in tutto quel ragionamento sul nove. Il sugo di esso è nelle parole «secondo la infallibile veritade, questo numero fue ella medesima», parole che secondo il suo costume Dante riprende con un astutissimo dico. «Fue ella medesima; per similitudine dico»(510). Egli trova una ragione del fatto che Beatrice sia «uno nove», la ragione che essa ha la sua radice nella santissima Trinità che è il tre, in quanto essa è «un miracolo». Goffo ragionamento, buono per la «gente grossa». Ed egli lo avverte: «Forse ancora per più sottile persona si vederebbe in ciò più sottile ragione; ma questa è quella ch'io ne veggio e che più mi piace». Non già perché siamo più sottili di voi, messer Dante, ma perché ci avete tirato per forza ad andare a consultare anche le vecchie tradizioni cabalistiche e ci avete insegnato a diffidare delle spiegazioni letterali che voi stesso ci ammannite, vi diremo senz'altro che la più sottile ragione è semplicemente questa, che il numero nove era, in una vecchissima tradizione mistico-cabalistica il numero dell'Intelligenza.
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