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      E Dante fa un so-netto nel quale si lamenta, per darlo «a questo amico acciò che paresse che per lui l'avessi fatto». La cosa è alquanto complicata. Consideriamola nel suo senso letterale. Mentre era, secondo la lettera, diffusa tra le genti e diffusissima tra le «donne» la notizia del fatto che Dante era innamorato di Beatrice, e Dante scriveva ormai sonetti nominandola chiaramente, il fratello di Beatrice sarebbe andato da lui a farsi fare una poesia in nome proprio per Beatrice morta, che era moglie di un altro (!). Accettiamo per un momento questa non lieve sconvenienza. Dante fa per il fratello di Beatrice un sonetto nel quale per due volte chiama la morta «la donna mia» (Lasso! Di pianger sì la donna mia... La mia donna gentil che sì n'è gita). Questo è anche meno accettabile.
      XXXIII. La cosa più strana è che Dante ci ripensa su e trova che ha fatto troppo poco e allora scrive una canzone oltre al sonetto, e la canzone è composta di due stanze: la prima, ci spiega Dante, «per costui veracemente e l'altra per me, avvegna che paia l'una e l'altra per una persona detta, a chi non guarda sottilmente; ma chi sottilmente le mira vede bene che diverse persone parlano, acciò che l'una non chiama sua donna costei, e l'altra sì, come appare manifestamente. Questa canzone e questo soprascritto sonetto li diedi, dicendo io lui che per lui solo fatta l'avea».
      Non si può negare che la cosa sia alquanto confusa, tanto più che il primo sonetto che Dante consegna al fratello di Beatrice come fatto esso pure in nome di lui, chiamava Beatrice due volte «donna mia», e non s'intende bene lo scrupolo di non farla chiamare «donna mia» nella prima stanza della canzone.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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