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      È risaputo il fatto che gli eretici e gli agitatori religiosi solevano spessissimo recarsi a Roma mescolati ai pellegrini. Il Rossetti suppone anche, non senza fondamento, che nel gergo l'espressione «farsi pellegrino» significasse entrare in una setta eretica(521). Probabilissimo sembra che Dante in quel sonetto abbia voluto veramente lasciarci un ricordo di una sua nuova propaganda per l'idea santa fra un gruppo di stranieri con i quali il movimento dei «Fedeli d'Amore» si ricollegò ravvivandosi.
      Diventa allora verosimile che questi stranieri che vanno essi pure cercando a Roma (si osservi bene) non il PapaS. Pietro, ma «quella imagine benedetta la quale Jesu Cristo lasciò a noi per essemplo de la sua bellissima figura, la quale vede la mia donna gloriosamente» (si noti tutto questo strano collegamento d'idee), questi pellegrini, dico, avessero ottime ragioni per ascoltare da Dante, tornato all'esaltazione della sua mistica idea le parole nelle quali si rimpiangeva che la Sapienza santa si fosse dipartita dalla città e probabilmente molte altre parole nelle quali si proponeva a questi pellegrini di restaurare il culto di lei(522).
      XLI. Ed ecco che Dante ci fa conoscere che la sua propaganda ha buon successo, perché subito dopo due donne (due adepti) gli mandano a domandare delle poesie. «Poi mandaro due donne gentili a me pregando che o mandasse loro di queste mie parole rimate». E Dante manda infatti loro un sonetto nel quale «chiama li "Fedeli d'Amore" che m'intendano» e che comincia:


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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