LII. Del sonetto Guido vorrei ho già parlato a proposito della Vita Nuova.
LIII-LV. E sono certo anteriori a questo i due sonetti di Guido a Dante già citati nei capitoli precedenti: quello nel quale si incarica Dante di vigilare sulla fedeltà di Lapo (Se vedi Amore assai ti prego Dante) e quello dove si assicura che la donna ha perdonato allo stesso Lapo (Dante un sospiro messagger del core).
LVI-LXI. Seguono altre poesie di poca importanza dal punto di vista simbolico e nelle quali nulla contraddice al simbolismo già noto; non è da escludere che qualcuna di esse possa essere stata una semplice ballatetta da mettere in musica per far piacere a qualche donnetta vera.
LXII. Il sonetto: Com più vi fere Amor co' suoi vincastri, è uno dei soliti sonetti esortativi mandati dal capo a un adepto indocile raccomandandogli di sopportare pazientemente la disciplina dell'amore (della setta), un sonetto di quelli che Guido Cavalcanti al tempo della sua supremazia mandava in grande quantità a destra e a sinistra.
LXIV. Forse è per l'elezione di Dante a capo della setta il sonetto celebrativo di Guido Orlandi che, pur consigliandogli di non essere troppo orgoglioso, gli augura di «non ferire a scoglio» e d'arrivare «salvo in porto» dopo che si è «levato carico di sì gran peso».
LXV-LXVI. Le altre poesie che seguono: De gli occhi della mia donna si move, e Nelle man vostre, gentil donna mia, son di quelle che mostrano facilmente il consueto formulario del gergo e ripetono soliti pensieri.
LXVII. La canzone: E m'incresce di me sì duramente, è particolarmente importante perché, muovendosi completamente nel consueto formulario del gergo, dice a un certo punto una strana cosa.
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