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      Ma non c'è virtù che ripari dalla «Pietra» malvagia che minaccia di estendere il suo freddo su tutto e forse di uccidere il poeta. Egli si sente già agghiacciato dalla minaccia terribile, «dinanzi al sembiante freddo» di questa donna. Essa ha in sé luce di beltà (possiede in sé la verità santa), ma ha il cuore crudele nella sua corruzione e nel cuore non le arriva la luce dell'amore, cioè la volontà buona del vero.
      In lei s'accoglie d'ogni bieltà luce:
      così di tutta crudeltate il freddole corre al core, ove non va tua luce.
      Onde il poeta si duole di vedere insieme la sua bellezza e la sua pietrificazione, la verità della Chiesa e la sua corruzione. Negli occhi di lei egli ritrova sì la dolce luce, la santa verità che infatti la Chiesa sa, conosce e nasconde, e Dante vorrebbe servire quella verità. Ecco perché il poeta invoca amore, la virtù ch'esiste «prima che tempo, prima che moto o che sensibil luce» (e che evidentemente è il divino amore della Sapienza e non l'amore della femmina) perché entri nel cuore della Chiesa corrotta. Poiché questa «pietra» (come abbiamo visto più chiaramente nel sonetto Deh, piangi meco tu dogliosa pietra), tiene chiusa in sé la verità che Dante ama e ha negli occhi la dolce luce, pur essendo divenuta «pietra», egli finisce col qualificarla addirittura come «questa gentil petra», preannunziando che essa però porterà la morte se non si spetra.
      E Dante conclude dicendo che egli si sente baldanza contro questa donna con tutto che essa sia «pietra», di modo che ne ha creato questa nuovissima forma di poetare con questo freddo (!).


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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