E aveva ben ragione di temere! Egli, Dante, è dominato, oppresso, ferito dalla sua passione d'odio contro la «Pietra» e d'amore per la santa Sapienza. Questo Amore quantunque egli preghi, non gli dà mercé, cioè non lo fa gioire con la vittoria della santa idea, e sta sopra a Dante, lo domina e non si ritiene dall'imporgli la lotta.
Che più mi triema il cor qualora io pensodi lei in parte ov'altri li occhi induca,
per tema non tralucalo mio penser di fuor sì che si scopra,
ch'io non fo de la morte, che ogni sensoco li denti d'Amor già mi manduca;
ciò è che 'l pensier brucala lor vertù sì che n'allenta l'opra.
E' m'ha percosso in terra, e stammi sopracon quella spada ond'elli ancise Dido,
Amore, a cui io gridomerzé chiamando, e umilmente il priego;
ed el d'ogni merzé par messo al niego.
E il poeta impreca ancora per questo doloroso dominio che ha su di lui questo crudele Amore. La sua passione senza scampo e senza speranza lo ferisce ripetutamente nel cuore, sì ch'egli se ne sente morire.
Egli alza ad ora ad or la mano, e sfidala debole mia vita, esto perverso,
che disteso a riversomi tiene in terra d'ogni guizzo stanco:
allora mi surgon ne la mente strida;
e 'l sangue, ch'è per le vene disperso,
fuggendo corre versolo cor, che 'l chiama; ond'io rimango bianco.
Elli mi fiede sotto il braccio mancosì forte, che 'l dolor nel cor rimbalza:
allor dico: «S'elli alzaun'altra volta, Morte m'avrà chiuso
prima che 'l colpo sia disceso giuso».
E così il poeta alzando il diapason della sua passione verissima ma non per una donna, in un'avversione apparentemente sadica contro una femmina restia, giunge a poter sfogare liberamente il suo odio contro la meretrice che impetra e gela il mondo.
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