Dante le loda come belle e virtuose. La stessa setta dei «Fedeli d'Amore» riesce a parlare a fatica dei loro pregi. Ma esse sono dolenti, sbigottite, discacciate e stanche come persone «cui tutta gente manca». In altri tempi esse furono dilette (ebbero molti seguaci), ora sono a tutti in ira e in non cale (si ricordi la triste posizione alquanto analoga dei tre vecchi dei quali l'uno si chiama il semplice lombardo e l'altro il padre di Gaia).
Tre donne intorno al cor mi son venute,
e seggonsi di fore(565);
ché dentro siede Amore,
lo qual è in segnoria de la mia vita.
Tanto son belle e di tanta vertute,
che 'l possente segnore,
dico quel ch'è nel core,
a pena del parlar di lor s'aita.
Ciascuna par dolente e sbigottita,
come persona discacciata e stancacui tutta gente manca
e cui vertute né beltà non vale.
Tempo fu già nel quale,
secondo il lor parlar, furon dilette;
or son a tutti in ira ed in non cale.
Queste così solettevenute son come a casa d'amico;
che sanno ben che dentro è quel ch'io dico.
Io non pretendo di poter determinare chi siano esattamente queste tre sette, tuttavia osserverò alcuni caratteri di esse che ci riportano ad alcune sette speciali e ad alcune loro condizioni.
La prima che parla 1. somiglia a una «Rosa»; 2. tiene nascosta la faccia; 3. piange; 4. ha il vestito lacero in modo che Amore possa vederla «in parte che il tacere è bello». Io ripenso alla Chiesa gnostica che aveva trovato il suo fortunato sviluppo presso gli Albigesi. Aveva avuto probabilmente per prima il nome di «Rosa», era la più infelice e la più antica.
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