Il massacro degli Albigesi l'aveva quasi distrutta. In quella gonna rotta per la quale Amore la vede «in parte che il tacere è bello» non c'è una volgarità di pessimo gusto, come devono supporre i comuni lettori, ma un'allusione al fatto che le era stato stracciato di dosso il suo segreto, era stato visto di lei ciò che non si doveva vedere.
E qui incomincia a intravedersi qualche linea molto interessante di questi pensieri. Questa che, per confondere le teste della «gente grossa», si dà il nome di «Drittura», è sorella della madre d'Amore. Questa madre d'Amore non è nominata e la critica letterale ne ha argomentato che siccome Amore è figlio di Venere e Venere (insieme con altri cinquantamila personaggi mitologici!) è figlia di Giove, così Venere risulta sorella (più esattamente sorellastra) di Astrea, cioè della Giustizia (!). Io credo che quel girigogolo inutile nasconda qualche cosa di molto più serio che non una vuotissima e vaghissima genealogia mitologica stiracchiata e fuor di posto come questa. La setta dei «Fedeli d'Amore» riconosceva molto probabilmente la sua origine, la sua nascita da una delle tante sette gnostiche neoplatoniche che avevano attraversato il sottosuolo spirituale del Medioevo. E quest'idea viene a coincidere mirabilmente con l'enorme quantità di fatti che già abbiamo appresi. L'accenno di questa prima donna alla sua povertà ci richiama più vivamente che mai a qualcuno di questi movimenti avversi alla Chiesa corrotta di Roma che tutti si fondavano sulla povertà e l'espressione: «Nostra natura qui a te ci manda» vuol dire semplicemente: «Noi veniamo qui a te, setta d'Amore, spinti dalla nostra natura comune, da quello che c'è di comune con te nella nostra fede».
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