Pagina (501/879)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Fenno i sospiri Amore un poco tardo;
      e poi con gli occhi molli,
      che prima furon folli,
      salutò le germane sconsolate.
      E poi che prese l'uno e l'altro dardo,
      disse: «Drizzate i colli:
      ecco l'armi ch' io volli;
      per non usar, vedete, son turbate.
      Larghezza e Temperanza e l'altre natedel nostro sangue mendicando vanno(567).
      Però se questo è danno,
      piangano gli occhi e dolgasi la boccade li uomini a cui tocca,
      che sono a' raggi di cotal ciel giunti;
      non noi, che semo de l'eterna rocca:
      ché, se noi siamo or punti,
      noi pur saremo, e pur tornerà genteche questo dardo farà star lucente.(568)
      Dante dice ora il suo conforto avanti alla consolazione di Amore. Egli si conforta ascoltando le speranze apocalittiche che Amore (la setta) diffonde per il mondo. Si sente egli pure, come tutti coloro che sono fedeli alla Sapienza santa, perseguitato, ma grida: «L'essilio che m'è dato onor mi tegno» e se pure giudizio o forza di destino vuole che nel mondo i pensieri della verità, i fiori bianchi, appaiono persi, scuri, cioè siano occultati e oscurati, Dante si dice lieto di soffrire insieme ai buoni.
      Egli non ha che un dolore, di essere lontano da quello che è il bel segno dei suoi occhi, cioè di non poter liberamente contemplare la Sapienza santa. Ma l'amore di lei lo ha già consumato e lo fa soffrire perché come egli dice con un mirabile verso: «Morte al petto m'ha posto la chiave». È la Chiesa corrotta, Morte, che gli chiude per forza nel petto il suo segreto(569). E qui Dante allude a una sua colpa già espiata da più lune e della quale si è pentito.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





Amore Temperanza Amore Amore Sapienza Dante Sapienza Chiesa Morte Dante