sì che t'abbaglia il lume del mio detto,
voglio anco, e se non scritto, almen dipinto,
che te ne porti dentro a te per quelloche si reca il bordon di palma cinto».
Se dunque Dante non comprende che nell'interdetto posto, nell'ordine dell'originalis justitia c'era la giustizia di Dio e che quindi l'ordine violato dev'essere ristabilito con la cooperazione della giustizia, dell'Aquila; se, in poche parole, Dante non comprende che soltanto il ritorno dell'Impero potrà far rifiorire l'albero violato d'Adamo, ciò è per colpa di Pietra, perché egli è impetrato, perché i pensieri vani suggeriti da Pietra hanno impetrato la sua mente (si ricordi che qui egli è il simbolo dell'umanità) come fa l'acqua di Elsa e non solo impetrato, ma tinto, cioè oscurato, come si oscurarono i frutti del gelso. È Pietra la Chiesa corrotta che indurisce e oscura le menti degli uomini, che impietra e tinge nascondendo la verità santa della Croce e dell'Aquila che è rivelata da Beatrice. Ecco come e dove torna nascosta nella Commedia questa terribile Pietra ed ecco perché la critica consueta non poteva intendere nulla in quel «fatto di pietra» e in quel «tinto» e in tutto «l'altovolante» e misterioso discorso di Beatrice. La ricerca delle tracce del gergo nella Divina Commedia sarebbe un'indagine lunga e complessa. Abbiamo già visto come nel canto di Marco Lombardo assai probabilmente il gruppo dei tre vecchi fedeli alle virtù dell'antica età, stia a ricordare un gruppo delle tre sette fedeli alla Chiesa primitiva e come si riferisca ai sottintesi consueti del gergo anche l'allusione a Gherardo e a Gaia sua figlia.
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