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      E dopo questo io dovrei prendere sul serio la critica «positiva» e i suoi responsi che esauriscono con due parole insultanti un problema posto in dieci volumi da un uomo di riconosciuto ingegno?
      Si potrebbe fare un'interessante collezione delle frasi tronfie e sciocche con le quali la critica si sbrigò, o credette di sbrigarsi, del ponderoso problema posto dal Rossetti e in questa collezione dovrebbe pur figurare un giudizio di Giosuè Carducci, il quale dopo un breve cenno alle idee dantesche del Rossetti, scrive precisamente così: «Vedere e sentire tutto codesto sarebbe uno sbalordimento, se non si ripensasse che questo improvvisatore è una di quelle teste del Mezzogiorno per le quali scrutare o creare il mistero è un bisogno, che questo arcade crebbe nel paese e tra la cultura del Vico».(612)
      Il Carducci, per liberarsi dal suo sbalordimento, lo scarica addosso a noi. Povero Rossetti! Bisogna compatirlo! Era una testa matta del Mezzogiorno, del genere di quella di Giambattista Vico! Auguriamoci che il Mezzogiorno di queste teste matte, che si permettono di scrutare il mistero (non si può parlare di crearlo, perché tutti sapevano che la poesia d'amore era un «enigma forte»), voglia mandarcene molte altre!
      Nella suddetta collezione dovrebbe figurare anche un giudizio di Isidoro Del Lungo, il quale però lascia trasparire in modo troppo evidente ch'egli non aveva approfondito affatto l'argomento.
      Nella prefazione al Commento di Dante, egli scrive: «... dopo che sfumò nella nebbia il profilo d'un Dante mistagogo e settario di non sapemmo mai quali riforme e tramutazioni religiose e civili». Da queste parole si può rilevare che il Del Lungo non seppe mai quali propositi innovatori si attribuirono al Dante settario e che quindi evidentemente egli non aveva mai approfondito i molti volumi nei quali tutto questo era stato diffusamente spiegato.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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