Ma più si guarda e più gli indizi diventano numerosi. Dante osa, nella Divina Commedia, prendere apertamente le parti dei Templari contro Filippo il Bello. Ugo Capeto, elencando i futuri delitti di Filippo il Bello, dopo aver detto che in Alagna egli catturerà Cristo nel suo vicario, aggiunge:
Veggio il novo Pilato sì crudeleche ciò nol sazia, ma senza decreto
porta nel Tempio le cupide vele.
Nella distruzione dei Templari attribuita da Dante a semplice cupidigia, Dante vede culminare tutti gli orrori prodotti dalla casa di Francia.
E dopo questa visione erompe la profezia della «vendetta» attesa da Dante:
O Signor mio, quando sarò io lietoa veder la vendetta che, nascosa,
fa dolce l'ira tua nel tuo secreto?
E si noti come quella frase «porta nel Tempio», si presta a un'interpretazione piena di simpatia e di devozione per l'ordine violato. Non solo, ma Filippo il Bello è chiamato il novo Pilato apparentemente perché catturò nel pontefice il Cristo, ma è chiamato così nel momento in cui aggredisce il Tempio. Egli è però un Pilato crudele, non come quello che «sub signo aquilae», come dice Dante, crocefisse giustamente in Cristo la natura umana peccatrice(618); è in iniquo che ricrocifigge Cristo.
Ma c'è di più; molto prima che il Rossetti sollevasse l'idea dell'appartenenza di Dante a un gruppo settario (che Dante fosse Templare era già stato supposto) esisteva, al Museo Imperiale di Vienna, una medaglia con l'immagine di Dante circondata dalle lettere F. S. K. I. P. F. T., che ragionevolmente sono state interpretate: Fraternitas Sacrae Kadosh Imperialis Principatus Frater Templarius.
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