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      E appena detto questo, la canzone si fa «di color novi». Andatela a rileggere (cap. I, 2) pensando che chi parla è la Sapienza santa una volta tenuta cara dal primo santo sacerdozio, dall'antico Pontefice santo che la tenne giovinetta tra le sue braccia e che ora è vittima d'un marito geloso (il Papa corrotto) che la tiene nascosta a tutti, mentre essa è venuta al mondo per il bene di molti, e intenderete tutto e risentirete ben altro sapore nelle parole con le quali la donna dice d'essere stata creata da Dio per dare qualche segno della bellezza che sta sempre nel cospetto eterno. E precisamente la Sapienza santa che è creata per questo ufficio, e che, liberata dal secondo marito geloso (che per uscire dai vecchi artifici è rappresentato come un giovinetto fero), domanda d'essere ricongiunta al primo marito, al vero sacerdozio di Cristo, e sentirete altro senso nel suo rimpianto d'avere mutato veste e lasciata quell'oscura (povera) per prenderne un'altra (naturalmente più ricca, quella della Chiesa corrotta), nella quale è «vie men che prima reputata onesta»!
      Ma chi vuole intendere al modo della «gente grossa» ripeto, è padronissimo. E considero come «persona grossa» chiunque farà risa o sberleffi perché questo pensiero mistico sboccia fuori nel Decamerone. Chi riderà di questo evidentemente non sa che cosa il Decamerone sia e non sa che, come le lubricità innegabili del Fiore e le lubricità omosessuali di certe poesie persiane nascondono pensieri mistici altissimi e s'intramezzano con essi, così è perfettamente nella tradizione che pensieri altissimi e di carattere mistico s'intromettano nelle opere apparentemente più lontane dal misticismo, nelle quali però voi troverete una caratteristica costante, l'odio apertamente e popolarmente professato contro i preti corrotti, odio nel quale si ritrovano perfettamente d'accordo il «lubrico» Fiore e il «lubrico» Decamerone.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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