).
Ma Tedaldo nella notte sente nella camera vicina alla sua tre uomini dire a una donna bellissima che sono stati loro a uccidere Tedaldo. Allora Tedaldo, sempre in figura di pellegrino, si reca dalla donna senza essere riconosciuto e le domanda del suo antico amante e del perché l'abbia abbandonato.
La donna risponde: fu per «le parole d'un maledetto frate... che mi fece un romore in capo che ancora mi spaventa». Qui Tedaldo fa una classica tirata di quattro pagine contro i frati e contro i romori in capo che essi fanno. Rimprovera la donna d'aver mandato in esilio Tedaldo «per colpa di un fraticel pazzo bestiale e invidioso» finalmente si rivela per vivo, dopo di che straccia i vestimenti neri addosso a sé e ai fratelli dopo aver liberato il marito della donna e si svela intanto che l'ucciso era un certo Faziolo da Pontremoli (Bonifazio Pont... efice), somigliantissimo a Tedaldo.
Più io leggo questa novella più si rafforza anche in me l'ipotesi che realmente sia piena di allusioni a quel dramma settario di Dante che noi abbiamo conosciuto molto velatamente nella Vita Nuova, interpretato e trasformato probabilmente a modo suo dal Boccaccio. Certo il Boccaccio ci fa sapere con artificio che si tratta di un grandissimo poeta della famiglia degli Elisei, la quale certo non ne ha avuto un altro oltre Dante e i nomi, i vestiti di nero e tante e tante altre luci gettate qua e là, sembrano voler richiamare a ogni passo coloro che conoscevano i fatti, alla vera storia delle vicende settarie dell'Alighieri, prima tenuto in onore dalla setta, poi venuto in sospetto e per ingerenze maligne discacciato, esiliato, che torna, forse con l'aiuto dei Templari (dall'isola di Cipro), generosamente e con grande onore alla setta.
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