Questo e altri fatti numerosissimi, sui quali per ora trasvolo, si ricollegano alla constatazione già fatta che i pensieri mistici e settari non si svolsero soltanto sotto il velo della lirica d'amore, ma trovarono in quest'epoca un'altra meravigliosa veste per ricoprirsi, cioè il romanzo e la novella. I romanzi del Boccaccio sono per avventura altrettanto mistici e iniziatici quanto i romanzi greci ai quali si ricollegano, come l'Amore e Psiche di Apuleio.
Se si può considerare come legittimo il dubbio che qualche lirica del Boccaccio sia lirica pura, non si può non riconoscere che la grande maggioranza dei suoi romanzi in prosa o in versi trabocca di simbolismo e che un simbolismo confessato anima tutte le sue egloghe. Non si può leggere senza una profonda impressione la traduzione dal gergo che presenta il Rossetti del Filocolo. Al termine di questo libro è scritto che esso deve «come picciolo servitore seguire molto reverente il fiorentino Dante, nel narrare le avventure di Biancofiore e Florio». Ma questo seguire da vicino Dante non può riferirsi alla forma del romanzo che non ha nulla a che vedere con l'opera di Dante ed è quindi credibile che debba seguirlo da vicino negli spiriti e cioè nella simbologia segreta. E il lettore ha già compreso che Florio, il quale ama Biancofiore, non è se non l'eterno mistico amante del «Fiore» nell'eterna ricerca di quell'oggetto del mistico amore che da «Fiore» si è determinato in «Biancofiore», come da «Rosa» si era determinato in «Candida Rosa»!
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