Tanto il Castets che il D'Ovidio, nella loro assoluta non conoscenza del simbolismo che ora è chiaro, posero quel riavvicinamento in modo erratissimo. Il primo ritenne che la Candida Rosa del Paradiso si contrapponga a quella del Fiore come una reminescenza purificata; il D'Ovidio molto ingenuamente esclamava che il Fiore è il necessario preliminare della Divina Commedia; perché rappresenta appunto il periodo di deviazione di Dante che scriveva tutte quelle sconcezze. «Ora sappiamo» esclama il D'Ovidio «che cosa aveva Dante da rimproverarsi!»
In realtà la Rosa del Fiore e la Candida Rosa della Commedia sono un simbolo solo: l'uno, espresso in gergo in un libro che doveva passare d'una in altra piccola congrega di adepti, si mascherava di digressioni erotiche e di lubricità per attraversare il volgo e passar sotto gli occhi dell'Inquisizione vigilante; l'altra risplendeva nell'alto dei cieli costruiti secondo le linee ortodosse e perciò sicura nel suo contorno d'idee tradizionali di parole ortodosse e di ortodosse visioni. Ma nell'uno e nell'altro poema il simbolo è lo stesso: è la mistica Sapienza mèta del mistico amante, è la stessa «Rosa» che fu chiamata «Rosa di Sorìa» e che ispirò tanti altri poeti: la «Rosa Mystica» che Dante non solo cantò nel Fiore, ma celebrò con appassionata devozione dalla prima parola della Vita Nuova all'ultima del Poema Sacro.
Note aggiunte
Il sonetto di Dante
«Non mi poriano» (cap. XII, I)
Lo stranissimo sonetto di Dante, Non mi poriano già mai fare ammenda, dev'essere più attentamente considerato perché c'è un'ipotesi ragionevolissima che lo può rendere perfettamente comprensibile.
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