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      E possiamo benissimo spiegarci che Dante, nella tragica necessità della vita settaria, potesse scrivere un sonetto nel quale il senso superficiale, che serviva di semplice lasciapassare per il contrabbando, fosse gettato giù alla svelta senza pensare davvero alla lirica pura che i posteri sarebbero andati a cercarvi; ma riconosciamo con un sospiro di sollievo che Dante un sonetto così idiota non lo scrisse per brutale malvagità come devono ritenere quegl'infelici, che vanno pigliando le mosche del senso letterale.
      Dimostrazioni convergentiPoiché conosco i critici «positivi» e so bene che ad onta dei mille fatti che ho esposto e ricollegato, adopereranno come principale argomento contro questa mia tesi, l'accusa di sbalorditiva stranezza, tengo a far presente alle persone serie quanto segue:
      La mia tesi è che tutte le donne dei «Fedeli d'Amore» rappresentano l'«Intelligenza attiva», ossia la «santa Sapienza restituita nella sua integrità dalla Redenzione di Cristo e affidata come Rivelazione alla Chiesa primitiva».
      Io dico che tutte queste donne sono l'Intelligenza attiva o Sapienza, ma intanto:
      1. Che Beatrice nella Commedia sia la Sapienza santa lo sapevano tutti (vedasi, tra gli altri, il Pascoli).
      2. Che Beatrice nella Vita Nuova sia l'Intelligenza attiva o Sapienza, lo aveva dimostrato quasi sessant'anni fa il Perez.
      3. Che la donna dell'Intelligenza di Dino Compagni sia l'Intelligenza attiva è anche troppo chiaramente detto nel libro ed è apparso chiaro a chiunque lo abbia letto in questi settant'anni da che è pubblicato.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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