Ebbene, la scoperta del Fiore, riduzione italiana del Roman de la Rose scritta da un fiorentino vissuto intorno al Trecento, che contiene allusioni al Fiore (Rosa) guardato «in Lombardia e in Toscana» da un fiorentino, ripeto, che è quasi certamente Dante Alighieri, è un impensato appoggio nuovo per la tesi di quel ricollegamento.
Il Rossetti aveva intuito che la parola «donne» era divenuta epressione di gergo per indicare comodamente «gl'iniziati che conoscono la vera dottrina», ai quali appunto si dirigeva Dante quando diceva: «Donne ch'avete intelletto d'amore».
Ebbene, circa quarant'anni or sono è stata scoperta una misteriosa e stranissima risposta di queste «donne» a Dante (della quale Dante per buone ragioni aveva taciuto), dove queste «donne» confessano chiaramente di ricevere da Beatrice la Sapienza, dicono che Dante amando lei ama «il sommo bene» e che Beatrice siede alla «fontana d'insegnamento» che, nella tradizione iniziatica significava, come è noto, l'insegnamento segreto della dottrina.
Il Rossetti e altri avevano compreso che la donna cantata dai «Fedeli d'Amore» è la divina Sapienza o Intelligenza, anche se qualche volta il gioco d'immaginarla come donna viva e di adoperare per cantarla la materia, il materiale (impressioni, ricordi) del vero amore, ha dato a questo essere inafferrabile un'apparenza di vera femminilità. Ebbene, dopo la morte del Rossetti è stato scoperto il poemetto L'Intelligenza di Dino Compagni, dove questo poeta del dolce stil novo, dopo aver descritto l'amore con i colori più teneri e più romantici e la donna nella forma più vivamente realistica («La bocca picciolella ed aulirosa, / la gola fresca e bianca più che rosa), ci dichiara apertamente, quando ci vuol dare contezza di chi essa sia, che questa donna è:
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