Qui si tratta di trovare gl'indizi e le prove di un fatto. Come si può intromettere una selezione preventiva a base di giudizi estetici nell'esame dei documenti di fatto? E dovremo metterci prima d'accordo su quali sono le opere nelle quali «risplende la vera e pura poesia»? Io, per esempio, che siano «vera e pura poesia» proprio tutte le liriche di Giacomino Pugliese non direi e, mentre riconosco questa vera poesia in alcuni sonetti della Vita Nuova, sono più che certo che tutta la Vita Nuova è simbolica e scritta in forma convenzionale.
E delle poesie dei due «Guido» alcune sarebbero da escludere, da sottrarre al mio furore. Quali, di grazia? Quella del Guinizelli, dove spiegando a Buonagiunta da Lucca il perché della sua oscurità intorno «alli plagenti detti de l'amore» spiega bene che «ciò che uom pensa non dee dire» per via di certi «strani uccelli» che volano per aria? O quella del Cavalcanti, la più famosa, la più esaltata dai «Fedeli d'Amore», ma che dal punto di vista della poesia è un orribile pasticcio, che si confessa adornata in modo da essere comprensibile soltanto per alcuni e che intanto pretenderebbe di rispondere a una donna, che vuol sapere che cos'è l'amore, «Donna mi prega perch'io voglia dire»?
La soluzione della «cattiva moda». Il Bertoni aggiunge che le «oscurità e le astruserie possono essere spiegate come cattiva moda e il gergo come gergo letterario e che non c'è bisogno di ricorrere per spiegarlo all'Intelligenza attiva degli averroisti».
Ora sta il fatto che questa spiegazione netta e integrale della parte oscura dell'opera dei «Fedeli d'Amore» e del loro gergo che si presume letterario, i nostri filologi ce l'hanno promessa da un pezzo (il D'Ancona e il Comparetti soltanto con questa promessa rifiutarono l'ipotesi del Rossetti), ma non ce l'hanno mai data.
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