Individualmente la maledizione era sopra un buon numero dei suoi componenti. E i documenti del sospetto degli uomini di Chiesa li abbiamo, e indiscutibili, e solo gli amanti della nostra tradizioncella scolastica non li vogliono vedere.
Ecco che cosa dice di Dante e dei suoi canti di sirena, cioè delle sue poesie un frate suo contemporaneo: «Anche il mendace (il diavolo) o padre d'ingannevole menzogna ha i suoi vasi che, all'esterno istoriati di figure d'onestà e di verità e di colori smaglianti, contengono un veleno tanto più crudele... Tra questi vasi vi fu un tale che molto fantasticava con sue poesie, sofista verboso grato a molti per l'eloquenza del linguaggio esteriore che con i suoi dolci canti di sirena non solo gli animi infermi, ma anche gli studiosi conduceva frodolentemente (fraudolenter) alla morte dell'eterna verità (Vernani, De reprobatione « Monarchiae», Firenze 1906). Questo dice un uomo della Chiesa molto intelligente e contemporaneo di Dante, il Padre Vernani. Ed è questo un evidente sospetto che una frode si nasconda sotto la poesia di Dante (sotto i canti di sirena), che Dante sia un vaso con ornamenti di fuori e veleno di dentro, e qui l'accusa è contro la poesia che il Vernani lascia da parte con disprezzo (cum despectu) perché evidentemente sente o vagamente sa il gioco, ma non può provarlo, non già contro i molti prosaici errori della Monarchia contro i quali egli si scaglia in seguito.
Altro fatto che dimostra il sospetto degli uomini di Chiesa; la famosa visita di quel tale che si presentò al Boccaccio portandogli la notizia che Pietro di Siena, religioso di gran nome e famoso ancora per miracoli operati, aveva veduto prima di morire Gesù Cristo e conosciuto nella vista di Lui «alcune cose che riguardavano il Boccaccio il Petrarca e altri» per il che il messo era incaricato di dire prima di tutto al Boccaccio che sarebbe morto presto e poi che smettesse di fare poesia (si noti bene, non di scrivere novelle lubriche, ma di fare poesia e la poesia del Boccaccio è castissima e in apparenza ortodossissima). Il messo doveva recarsi da altra gente in Gallia e in Bretagna e da ultimo dal Petrarca (Petrarca, Senili, libro I, 5).
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