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      È evidente, per chi voglia capire, che questo sospetto, che arrivava tardi, quando il mondo era pieno della poesia di Dante e di tanti altri, cercava per ottime ragioni di non erompere nel clamore di un processo. Ma anche il processo inquisitoriale ci fu e il Tonelli, quantunque l'abbia appreso almeno dal mio libro, si guarda bene dal parlarne perché non potrebbe continuare a far le meraviglie sulla Chiesa che avrebbe dovuto sapere e non seppe.
      Il processo ci fu e proprio, secondo la testimonianza dello Squarzafico, perché era la pubblica opinione che designava tutti i poeti come eretici, ma, una volta iniziato il processo, si vide che avrebbe dato luogo a grandi scandali (maxima scandala) probabilmente senza poter mai arrivare alle prove sicure di fronte a poeti che si riaffermavano ortodossi e all'interpretazione filosofica attribuita da essi alle loro poesie oscure, e si provvide a interromperlo allontanando l'inquisitore.
      Naturalmente tutti i partigiani dei poeti, tra i quali lo Squarzafico stesso, dissero, come al solito, che il processo era stato intentato solo per l'avarizia dell'inquisitore. Ripeterò il passo dello Squarzafico.
      «Fuit illa tempestate poeticum nomen ita invisum, ut qui illa studia sequeret magum, sortilegum ed ereticum esse dicebatur.
      «Erat tunc hereticae pravitatis inquisitor quidam Marcus Picenus de Solipodio oriundus frater ordinis praedicatorum rudis et bonarum omnium litterarum omnino expers qui temerario ausu in nonnullos iniicere manus temptavit et nisi provisum fuisset maxima hic oriri videbantur scandala.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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