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      Pertanto la pregiudiziale fantastica di una Chiesa che sa tutto, tutto vede, tutto fiuta e sempre immediatamente passa alla persecuzione e alla condanna e lascia il relativo documento, è inconsistentissima e antistorica e, nel caso speciale, l'affermazione che la Chiesa non sospettò mai di nulla è gravemente inesatta.
      La pretesa «singolarità del caso». Dice ancora il Tonelli: «Aggiungete che una setta filosofica-religiosa, la quale si esprime quasi unicamente in versi e le cui vicende s'identificano con quelle della storia letteraria è cosa ben singolare. In altri termini, come mai si spiega una tale coincidenza, onde tutt'i settari sarebbero stati poeti, e tutt'i poeti, settari, fatte pochissime insignificanti eccezioni? Se lo scopo della setta non era, né poteva essere letterario, perché mai co-desta specie d'obbligo di far rime, invece di pure e semplici comunicazioni epistolari, sia pure in gergo?»
      Rispondo. Nient'affatto «singolare» che una setta filosofica-religiosa si esprima in versi. Ripeto che di una setta filosofica-religiosa che si esprimeva in versi in modo perfettamente analogo a quello dei «Fedeli d'Amore», proprio ai tempi di Dante, era pieno l'Oriente, e questo fatto storico bisognerà pure che i nostri critici e letterati lo apprendano una buona volta se vogliono giudicare la nostra tesi della quale esso rappresenta una delle basi.
      E siamo alla solita pretesa strana coincidenza del tutt'i settari sarebbero stati poeti, e tutt'i poeti, settari. Rispondo in proposito al Vicinelli.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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