Son io piuttosto che domando a lui se se la sente di credere che sia un fatto vero, realistico e non simbolico, che un uomo s'innamori di un bocciolo di rosa che vede riflesso nell'acqua di una fontana come avviene appunto al principio del Roman de la Rose, e se se la sente di tenere tanto le mani davanti agli occhi da non riconoscere che questa rosa, come ormai tutti sanno, è la millenaria mistica rasa cioè la santa dottrina della verità di cui l'uomo vede l'ombra riflessa nella famosa fontana d'insegnamento che è appunto l'insegnamento segreto. Anche il Tonelli mi pare che arrivi troppo nuovo con queste sue domande in un campo dove si è lavorato molto più di quanto evidentemente non gli costi, e che non abbia letto neanche il mio libro là dove dico che il Roman de la Rose non solo usa il gergo, ma ne celebra l'uso esaltando e giustificando l'ingresso di Falsosembiante al servizio d'Amore, e che, se invece del Roman de la Rose io ho preso in esame il Fiore, l'ho fatto perché è più vicino al dolce stil novo (vd. p. 139 e sgg.) [V, 3].
Il Tonelli mi dice che io mi posso sbagliare perché tanti hanno creduto di spiegare l'etrusco e si son sbagliati. Bell'argomento! Ma comincino i nostri letterati a riconoscere che qui sotto c'è un grave problema che essi dissimulano e una proposta di soluzione che essi non hanno mai studiata, invece di ricantarci le formulette della scuola o di denigrare il problema con delle superficialissime pregiudiziali, e forse col tempo, anche attraverso errori, si chiarirà bene tanto l'etrusco quanto il gergo dei «Fedeli d'Amore»!
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