A me basta d'aver dimostrato che quando si tratta di fatti, le loro obiezioni non hanno nessuna consistenza. Il Tonelli, dopo aver negato molto semplicemente l'esistenza di un linguaggio convenzionale (come se tra il Rossetti e me e altri in un secolo di lavoro non avessimo dato la traduzione di centinaia di poesie di questo periodo e sempre con l'uso della stessa chiave) conclude: «Con ciò non pretendo aver confutato un libro, carico d'erudizione come quello di Luigi Valli: - tant s'en faut! - ho inteso esprimere semplicemente un'impressione franca e sincera, con la speranza di richiamare l'attenzione del pubblico, tanto sbadato e pur così curioso...»
Mi permetterà di dire il Tonelli che non nego che la sua impressione sia franca e sincera, ma che, poiché essa ha l'aria di un giudizio e prevede la rapida caduta della mia tesi, «magari dopo uno splendido successo ecc.» ho dovuto dare questi chiarimenti perché il pubblico che, come egli ben dice, è tanto sbadato, non scambi questa sua impressione franca e sincera per un giudizio dato con vera cognizione di causa e con ponderazione adeguata alla gravità del problema.
Le obiezioni di Augusto Vicinelli
Augusto Vicinelli ha dedicato al mio libro un lungo articolo della «Fiera Letteraria» (2 dicembre 1928). Egli non dissimula davvero le reazioni d'ordine sentimentale e tradizionalista che suscita in lui la mia tesi, ma contro di essa porta degli argomenti logici. Esaminiamoli scartando via via le frasi più o meno ironiche che non dicono nulla.
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