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      Il Vicinelli discende ora opportunamente a questioni più concrete.
      I residui del gergo nella Divina Commedia. Nego risolutamente che esista contraddizione nel mio libro per quanto riguarda il gergo nella Divina Commedia che io avrei negato, per poi andarlo più volte a rintracciare. Ho affermato che Dante nella Divina Commedia abbandonò il metodo del gergo in quanto trovò nelle simmetrie profonde della sua costruzione (per esempio nelle simmetrie della Croce e dell'Aquila) una maniera più bella, più armonica e meno tormentosa di esprimersi in segreto, ma non c'è nessuna contraddizione tra questo e il fatto che delle tracce del gergo possano essere ancora rimaste nel poema e che Dante quando gli faceva comodo (visto che parlava ancora e sempre per gl'«intelletti sani»), abbia ripreso qualche simbolo del gergo come quello della Petra che impietra, (Purg., XXXIII).
      Accomodamenti di assurdità con migliorate lezioni. C'è un'osservazione del Vicinelli che può essere giusta. Io avevo posto tra le infinite contraddizioni e assurdità del senso letterale di queste poesie la frase di Cino da Pistoia: «Naturalmente ogni animale ha vita. E d'altro non l'acquista se non da uom che pregio e valor segua» osservando che la vita si può acquistare anche da uomini senza valore e quindi sospettando un'applicazione di quel senso simbolico della parola «vita» (adesione alla verità) che appare chiaro in tanti altri passi. Il Vicinelli assume un'altra lezione dall'edizione critica dello Zaccagnini e legge: «Naturalmente ogni animale ha vita Ed altro non si acquista». Il che toglierebbe l'assurdo.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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