Infatti, rispondo per la seconda volta, «la dottrina che si asconde sotto il velame delli versi strani» e che per seicento anni nessuno aveva trovato, chi sa di chi è? E le simmetrie della Croce e dell'Aquila (che il Vicinelli non credo osi negare) sono o non sono nascoste? E avrà il coraggio di dire, il Vicinelli, che non ci sono o che... sono di San Tommaso anche quelle?
E il Vicinelli ripete ancora quella superficialissima obiezione già elevata contro il Rossetti senza badare a quello che abbiamo risposto cento volte: l'obiezione che Dante diceva delle cose terribili apertamente contro i Papi. Risponderemo per la cent'unesima volta che tutti costoro attaccavano il Papato politico entro i limiti nei quali non si andava certamente al rogo, ma che l'idea che «la Sapienza consegnata alla Chiesa fosse altra cosa da quella che la Chiesa corrotta insegnava», idea da rogo, la dicevano in segreto per simboli e per gergo. Ma la risposta non varrà nulla. È tanto comodo il ricantare in quest'occasione che Dante non nascondeva, anche se si deve riconoscere che nascondeva tanto che per secoli non si è fatto altro che cercare quello che nascondeva, o ripetere, che cose più terribili di quelle dette nella Commedia non sono concepibili; mentre poi quando fa comodo si grida che cose più ortodosse di quelle che sono nella Commedia non sono concepibili!
Del ricantarsi i sonetti ben riusciti e dell'indagine storica. Il Vicinelli, a soddisfazione della pena che gli ho procurato, si ricanta all'orecchio le maliose parole della giovinezza di Dante:
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