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      La volontà di nascondersi dei «Fedeli d'Amore». Mi si dovrà concedere che la critica del Sapegno è grossolanamente contraddittoria. A p. 276 mi dice che nei casi d'oscurità disperata «non si può dire che si esca dalle ordinarie vicende della storia letteraria di tutti i tempi, trattandosi di liriche nelle quali sono allusioni a fatti noti ai contemporanei e ignoti a noi e impossibili a ricostruirsi con chiara precisione».
      Parrebbe dunque che non esista mai volontà di nascondersi. Semplici allusioni a fatti ignoti. Ebbene nella stessa pagina, a distanza di sette righe riconosce l'esistenza di un gergo «il gergo in cui è indubbiamente redatta questa poesia di Cino...»!
      Ed ecco che l'esistenza del gergo (posto anche che non fosse spiegato da me) distrugge l'affermazione precedente che si tratti di semplici allusioni a fatti ignoti. Gergo significa volontà di nascondersi. Viceversa nella pagina che segue abbiamo da capo la negazione che esista una volontà di nascondersi e quindi implicitamente che esista un gergo. Il Sapegno espone qui la sua tesi in tutta la sua palese assurdità.
      «A questi due tipi - dell'oscurità cioè dovuta alla nostra insufficiente conoscenza dei fatti, o di quella dovuta agli artifici formali - posson ridursi tutti gli esempi di poesie veramente difficili e incomprensibili che noi incontriamo nel Duecento o nel Trecento». Pertanto non esisterebbe in queste poesie nessuna voluta oscurità. Allusioni a fatti sconosciuti e artifici formali.
      Intanto proprio nel periodo seguente il Sapegno riconosce che c'è un altro elemento di questa poesia, «la possibile interpretazione allegorica che si può quasi sempre (ma non si deve quasi mai) applicare ai versi di questi poeti.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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