potrallo da me torrechi tutto netto
verrà e strettoal tempo che diremo
quel tale ed io se accordati saremo.
Questa è volontà di nascondersi, volontà che chiunque riconosce in ogni pagina di quei tre enormi volumi de I Documenti d'Amore, dove si parla (ma il Sapegno non lo dice) di certi tali saggi e coverti che intendono essi soli certe poesie.
Cecco d'Ascoli (ripetiamolo pure che non sarà male) grida di doversi fare cieco mentre cieco non è, di stare sotto un «negro manto», grida che «convien che taccia quel che dentro giace: nell'alma guerra e nella bocca pace», mentre grida di morire per «la bella vista coverta d'un velo». Questa è volontà, diremo meglio tragica necessità di nascondersi. Avanti a tutto questo, venir fuori con la formuletta che le oscurità sono allusioni a fatti sconosciuti o artifici formali è per me una così grossa incomprensione e un'impostazione così artificiosamente falsata del problema, che quasi mi dispenserebbe dal discutere più oltre, tanto più che questo stesso critico che pretende di spiegare a priori tutte le oscurità con i fatti ignoti e gli artifici formali, nella pagina avanti ha dovuto riconoscere, salvo a scordarsene immediatamente in modo assai comodo, che alcune delle poesie sono addirittura in gergo!
Non lascerò da parte, ma camminerò più spedito. Sorvolerò sulle pagine nelle quali egli mi riassume tutta la risaputissima genesi dell'amore dello stil novo secondo i libri di scuola. Tutte cose in gran parte vere e che riguardano il complicarsi della poesia d'amore con elementi filosofici e scolastici ma che non dicono nulla per il problema vero del sorgere a un certo punto d'una volontà di nascondersi, di un'organizzazione d'innamorati che agiscono politicamente in un senso analogo e che sono costretti a nascondere il loro pensiero e che qualche volta almeno scrivono evidentemente e innegabilmente in gergo, e si dicono «saggi e coverti».
| |
I Documenti Amore Sapegno Ascoli
|