Se s'intenda che in genere nel processo di questa poesia, storicamente l'amore convenzionale s'infiltrò nell'amore vero e ne assunse le spoglie (come in quella poesia persiana che il Sapegno si guarda bene dal nominare perché mostrando come si costruisse la poesia in gergo fa vedere quanto siano insulsi tutti gli artifici escogitati per spiegare la poesia d'amore nostra), ripete cosa che ho già detto anch'io; ma se crede che ogni poeta ripetesse questo processo: innamorarsi, idealizzare l'amore, imparare dai mistici e dai filosofi l'altro amore, amalgamare i due, arrivare all'excessus mentis e a Dio, egli crea una vera e propria fantasia, perché di questo procedimento nella vita dei poeti non c'è davvero traccia; e Dante, nel primo sonetto che scrive, visione artefatta composta di tutti elementi mistici e convenzionalistici, al principio della Vita Nuova (che è vita di chi è misticamente rinato) dopo nove più nove anni (che sono vecchie espressioni mistico-settarie) in quel primo sonetto dico, include già tutto il processo mistico dell'amor sapientiae appreso evidentemente per iniziazione.
L'affermazione che questa gente poi arrivi a Dio «che è però il Dio dei cattolici e non l'Intelletto attivo degli averroisti» in quanto nega che arrivino all'Intelligenza attiva, è falsissima e in quanto tenta di far passare l'Intelligenza attiva come idea che contraddica al Dio cattolico quasi fosse con esso inconciliabile, è assolutamente inconsistente. Che la donna si riveli come l'Intelligenza attiva l'ho ridimostrato in questo volume al Bertoni ed è inutile che mi ripeta.
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