Il Sapegno dice «che c'è un problema che basterebbe a confutare e a distruggere tutta la tesi del Valli, ed è quello del contrasto fra l'amore di Dio e l'amore della donna». Egli nota questo dissidio presso i poeti provenzali della decadenza (e questo non mi riguarda, perché non ho mai affermato che tutti i provenzali scrivessero nel gergo dei «Fedeli d'Amore»), lo nota nei Guittoniani di Toscana (e questo non mi riguarda perché noi abbiamo sempre detto che i Guittoniani, «nunquam in vocabulis atque costructiones plebescere desuetos», come dice Dante, non scrivevano in gergo ed erano disprezzati dai «Fedeli d'Amore» perché scrivevano e pensavano come la plebe), ma pretende infine che esso duri (e questo interesserebbe) nel dolce stil novo, se non che in tutte le centinaia di poesie del dolce stil novo, di questo contrasto egli trova due tracce; una nella canzone famosa del Guinizelli e l'altra in un sonetto che significa, come ho dimostrato e ridimostrerò, una cosa completamente diversa da quella che egli vuol fargli dire.
Quanto al contrasto che apparirebbe nella canzone del Guinizelli tra l'amore della donna e quello di Dio, quando il poeta si deve scusare avanti a Dio d'avere amato la donna perché «tenea d'angel sembianza» ognuno vede che la necessità di dare forma esterna al dramma mistico, poteva perfettamente giustificare da parte del poeta il doppio aspetto del suo pensiero. Egli vuol dire: il mondo crede che io ami la donna e che quindi svii dal vero culto che si deve a Dio.
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