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      E quando il Sapegno si trova avanti alla chiara allusione che fa Bacciarone al tempo in cui apparteneva a quella setta la quale gli faceva parer nemica una (non nominata):
      senza la qual di vita serea forabrobbriosa soffrendo e crudel morte...
      misteriosa nemica dell'Amore che, come in tanti altri casi appare molto chiaro esser la Chiesa, risponde: «Io propenderei a credere che essa stia allegoricamente a significare invece la virtù, la legge morale, o simili» e si mette le mani avanti agli occhi per non voler vedere che è un personaggio che non si vuol nominare e che se fosse stata semplicemente la virtù tutto quel mistero sarebbe un'incredibile sciocchezza.
      La pretesa chiarezza delle rime di Dante. Passando a Dante il Sapegno comincia con un'affermazione che non potrà non sembrare sbalorditiva: «Tra le rime di Dante gl'indovinelli non sono numerosi». Ma l'affermazione non sorprende più quando si vede con quale disinvoltura egli ingoi lo stupidissimo senso letterale, per esempio, del sonetto «Non mi poriano giammai fare ammenda», dove Dante fa sapere che si vuole «uccidere gli occhi» perché per guardare la torre della Garisenda non ha visto quella degli Asinelli. Egli esclama: «Ma è proprio necessario pensare che qualche cosa si nasconda sotto la lettera in sé piana di questo mediocrissimo sonetto? A me l'interpretazione del Parodi, secondo il quale Dante in questi versi canzona se medesimo per aver guardato la torre dei Garisendi senza riconoscerla, pare chiaro e sufficiente».
      E io risponderò che se una tale spiegazione gli sembra sufficiente, se la sua sensibilità è tale da credere che Dante abbia potuto veramente fare un sonetto su questo argomento senz'altro motivo che d'esprimere una stupidaggine di questo genere, se egli è tanto bene abituato a ingoiare le assurdità che s'insegnano nella scuola, da mandar giù anche questa con tanta disinvoltura, io non mi meraviglio che egli non veda indovinelli, non veda problemi, non veda oscurità e quindi non veda necessità di spiegarle.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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