Se il commiato parla alla canzone dicendole che prima di mostrarsi a qualcuno deve «spiare della sua setta» e cavar fuori i buoni da certe male compagnie, se questo s'accorda bene con la mia interpretazione (secondo la quale tutta la poesia ripete la fedeltà di Dante alla santa idea, contro la setta che, occupata da malvagi, lo ha messo al bando), la colpa è del commiato che non s'accorda con la poesia. Perché la poesia dice il Sapegno, ha un'espressione d'affetti calda e appassionata (come se Dante non avesse mai potuto esprimere affetti caldi e appassionati per la Sapienza Santa), e perché il Sapegno non vede che l'accusa di giovinezza lanciata alla setta corrisponde come in altri casi a quella di leggerezza e superficialità.
Il Sapegno si contenti pure di dare la colpa al commiato che si permette di non star d'accordo con la canzone e legga pure in questa canzone, che termina con così dolenti e appassionati pensieri morali e civili, «La donna che amo non mi vuole dare merzé perché è ancora troppo ragazzina e non mi apprezza bene: quando sarà cresciuta vedrete che mi darà merzé»! O lungo, paziente lavorio della nostra tradizione che riduce gli uomini a contentarsi di veder tali cose nella poesia di Dante! Ancora un mirabile sforzo di non-voler-vedere a proposito della canzone: «Tre donne». Secondo il Sapegno il congedo che dice:
Canzone, ai panni tuoi non ponga uom manoper veder ciò che bella donna chiude,
bastin le parti nude . . . . . .
alluderebbe non già a un pensiero nascosto che sta sotto tutta la canzone ma alle parti difficili a comprendersi.
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