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      Così guarda comodamente dall'altra parte quando si trova davanti a quelle clamorose assurdità della Vita Nuova, come quella famosa frase secondo la quale Dante sarebbe stato «laudatore di se medesimo» se avesse parlato della morte di Beatrice, frase della quale soltanto il Perez e il Pascoli hanno visto il senso quando hanno interpretato la morte di Beatrice come excessus mentis, ultimo atto della contemplazione, secondo il senso che dava Riccardo da San Vittore alla morte della compagna di Beatrice, che è Rachele. È sempre il solito metodo, affaticarsi per rammendare più o meno stiracchiatamente i piccoli squarci del senso letterale e quando lo squarcio è grosso, insanabile, e si vede chiaramente tutto un sottosuolo d'altri pensieri, voltare la testa dall'altra parte e parlare d'altro.
      Le opere didattiche sull'amore e il loro preteso distacco dalla poesia d'amore. Il mio critico non può voltare tanto la testa dall'altra parte che le opere didattiche che io ho esaminato, quali il Fiore, L'Acerba, I Documenti d'Amore, non gli gridino anche in maniera più chiara quelle stesse cose che egli nella poesia d'amore non vuol sentire. Di queste opere didattiche (bontà sua) riconosce che esse «racchiudono talora significati misteriosi e reconditi». Ma avanti alla mia interpretazione del Fiore (che non è poi mia, perché l'interpretazione mistico-settaria del Roman de la Rose è vecchia di un secolo), non sapendo proprio che cosa opporre alla sua evidenza cristallina, si contenta di sentenziare che l'interpretazione «è tutt'altro che dimostrata dal Valli in modo sufficiente» e tanto per non tacere oppone questi due argomenti:


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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