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      Ma evidentemente tre volte sono troppe e ne è risultato chiaro che anche Benedetto Croce sapeva che il mio libro aveva avuto una notevole risonanza.
      Quanto dice il Croce contro il mio libro si risolve in una serie di trucchi. Egli comincia con lo scrivere: «Tornano di volta in volta queste scoperte mirabolanti di sensi riposti che avrebbero questo o quel gruppo di opere letterarie in quanto espressioni di sette e di eresie...» (Il corsivo è mio). È un primo piccolo trucco: far credere che noi si vada cercando qua e là questo o quel gruppo di opere letterarie, mentre non si fa che determinare con esami parziali la prima intuizione del Rossetti, che vide il senso riposto di tutti questi gruppi già un secolo fa.
      Il Croce continua: «Anche quest'anno in Italia il Signor Luigi Valli ha pubblicato un grosso volume fremente di anticipata indignazione per l'incredulità che la scoperta da lui fatta o rifatta, di un immenso mondo sconosciuto, sarà per incontrare».
      Anche questo è un trucco. La mia indignazione non è affatto anticipata ma ben posticipata, ed è diretta contro la tronfia superficialità con la quale la critica ha considerato fino a oggi le opere del Rossetti e del Pascoli, è diretta per esempio contro quel critico che nel 1906 svillaneggiava la grande rivelazione di Giovanni Pascoli chiamandola semplicemente una «singolare aberrazione» e che era per avventura proprio Benedetto Croce («La Critica», vol. V, p. 101).
      La mia indignazione è posticipata, è verso quel «Bullettino della Società Dantesca» che di tutta l'opera del Rossetti, dopo averla goffamente riassunta, non sapeva dire altro se non che si trattava di «pazze fantasticherie che si confutavano con la semplice esposizione» (vol.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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