Il Croce continua dicendo che contro le nostre asserzioni dell'esistenza di un gruppo iniziatico che usava la poesia d'amore sta il buon senso, che secondo lui ragiona così: «Giacché l'affermazione dell'esistenza di una setta, da cui tali opere sarebbero state foggiate, è un'affermazione di carattere storico, datecene la prova storica, ossia il documento. Voi rispondete che la prova documentaria non si può dare appunto perché il segreto era stato gelosamente custodito. E allora, come lo sapete voi? Adducete, in luogo di prova, il fatto che con la vostra teoria si riesce a conferire un significato più o meno coerente a quelle opere. Ma consimili giochetti dell'immaginazione si possono esercitare su ogni sorta di opere e di avvenimenti, per non dire che tale è la stortura ordinaria dei cervelli polizieschi che travedono sette e complotti nelle più innocenti parole e atti(641)».
Se Benedetto Croce vuole ragionare così è suo diritto: ma quando egli attribuisce questo ragionamento al buon senso, abusa evidentemente del fatto che il buon senso non ha personalità giuridica e non può dargli querela per diffamazione. Il buon senso sa benissimo che centinaia di poesie oscure e che si presentano come comprensibili soltanto ad alcuni, e numerosi poemi dal senso evidentemente riposto sono dei documenti, documenti che, come tutti i documenti di questo mondo, devono essere interpretati e, proprio per far dispetto al Croce, tre volumi ove si dice che esistono certi tali «saggi e coverti» che essi soli intendono certe poesie, portano il titolo, sia pure con altro senso, de I Documenti d'Amore.
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