Si tratta dunque di interpretare documenti che ci sono!
Altri trucchi del Croce a proposito del libro di Gaetano Scarlata, Le origini della letteratura italiana nel pensiero di Dante. Primo trucco: dare a intendere che lo Scarlata sia il solo che mi abbia seguito. Secondo trucco: affermare, con l'intento di svalutare la tesi dello Scarlata, che la sua stessa idea «era apparsa a quel severo ingegno critico del Péladan», mentre è noto a tutti che l'idea oggi ripresa dallo Scarlata fu posta con molte prove dal Rossetti perfino nel volume del 1839 e che l'Aroux, nel suo ben noto volume aveva scritto un capitolo: Analyse critique du traité sur l'Idiome vulgaire pieno già d'una quantità di prove per la tesi dello Scarlata. Cose che il Croce deve sapere, visto che in questa materia ha tanto e così solennemente giudicato.
Riandando però a quanto scrive il Croce ne «La Critica» del 20 settembre 1928 (p. 352) io leggo: «Anche lo stil novo ebbe bensì elementi e parti di poesia, ma intrinsecamente non fu poesia, sì invece una moda erotico-teologico-scolastica, adatta ai tempi in cui sorse. Che poi questa moda servisse talvolta a comunicazioni crittografiche può ben darsi; ma bisogna provarlo caso per caso e caso per caso documentare di che cosa si trattasse; faccende personali, amorose, politiche, professioni di fede morali, religiose, politiche e simili». (Il corsivo è mio).
Osserverò che quando si spiega una crittografia, la prova della spiegazione giusta non si trae necessariamente da un documento, ma anche dall'evidenza intrinseca della spiegazione appoggiata a documenti che ne rivelino la verosimiglianza, e che quando si tratta di un linguaggio segreto usato da un gruppo non è caso per caso che si può spiegare, ma è proprio per la convergenza di molti casi.
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