Il Migliore ha parlato del mio lavoro anche altrove («Corriere Padano», 14 e 17 gennaio 1928) sempre con la stessa mirabile lucidità; ma particolarmente importante per me è quanto egli ha avuto occasione di notare in un altro articolo della «Nuova Antologia» (1° aprile 1929) intitolato Quondam Petrus de Vinea Proditor. Egli ha mostrato infatti come l'ipotesi dell'esistenza della setta intorno a Federico II converga con molti fatti messi recentemente in luce dal Casertano nel suo studio: Un oscuro dramma politico del secolo XIII (Piero de la Vigna), (Roma 1928). È lecito ormai avanzare l'ipotesi che la tragedia di Pier de la Vigna sia stata proprio un dramma settario molto strettamente legato a quei cambiamenti di politica verso la setta che ebbe Federico II e che spiegano probabilmente anche la sua stranissima lotta con i Ternplari, come spiegano quella poesia evidentemente settaria di Arrigo Baldonasco contro di lui nella quale gli si minacciano le vendette della «Fenice» per il suo tradimento.
Com'è noto Pier de la Vigna, primo tra i cantori della misteriosa «Rosa», rappresentava alla corte di Federico II l'elemento più avverso alla Chiesa. Nulla di più verosimile che la sua misteriosa caduta e la falsa notizia del suo tradimento (contro la quale Dante insorge) siano dovute alle vicende di quel conflitto, sorto tra Federico II e la setta, che si può bene spiegare con il tentato ravvicinamento di Federico stesso alla Chiesa.
Ernesto Buonaiuti ha richiamato l'attenzione su due fatti molto importanti: sulle conseguenze che i risultati delle mie indagini possono portare nella conoscenza della storia religiosa del Medioevo e sopra una lacuna che queste mie indagini presentano per quanto riguarda possibili rapporti delle idee occulte dei «Fedeli d'Amore» con il movimento Gioacchimita.
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