(643) Non è un altro indizio che il discorso di Dante mirava in realtà ad altro che non a giudicare semplicemente l'idioma?
Altri interessanti sviluppi sono stati dati alla mia tesi per esempio dal Prof. Paolo Vinassa de Regny che in due sue comunicazioni al Reale Istituto Lombardo di scienze e lettere indagando la legge con la quale certe rime particolarmente significanti tornerebbero in speciali ritmi nella Divina Commedia, ha constatato che alcune di queste rime con speciale valore sono proprio quelle delle parole del gergo dei «Fedeli d'Amore» (La rima sacra in Dante, La rima sacra e il numero nell'ultimo canto della Commedia, «Estratto dai rendiconti», vol. LXI e LXII).
Un'altra interessante nota che sviluppa alcune delle mie idee si ha nello scritto di Mario Mazzoni che fa da prefazione ai Sonetti alchemici ermetici di Frate Elia e Cecco d'Ascoli(644) a proposito dei quali noterò come sia interessante vedere a contatto col gergo alchemico tanto Cecco d'Ascoli, che adopera ugualmente il gergo dei «Fedeli d'Amore», quanto Frate Elia che, come tutti sanno, rappresentò quella parte dei Francescani che, per qualche tempo almeno, fu appoggiata al capo dei «Fedeli d'Amore», a Federico II, l'imperatore ribelle.
Dò una particolare importanza al giudizio di Francesco Egidi così profondamente competente in questo campo e al quale dobbiamo la magnifica edizione de I Documenti d'Amore di Francesco da Barberino. Egli conclude la sua recensione del mio libro (ne «La scuola superiore», marzo-aprile 1928) dicendo: «Il Valli, dobbiamo riconoscerlo anche noi che da molti anni andiamo studiando questi poeti, ha saputo dare di alcuni componimenti spiegazioni convincentissime.
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