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      Testimonianze di studiosi delle tradizioni. Molte altre testimonianze mi sono venute naturalmente da coloro che, pur occupandosi di letteratura, non hanno disprezzato sistematicamente, come si usa nelle scuole, gli strati più profondi del pensiero che molte volte la letteratura nasconde.
      Pongo primo tra questi Antonio Bruers (Dolce stil novo, «Il lavoro d'Italia», 30 dicembre 1927). Egli è tra coloro che hanno dato alla mia tesi l'appoggio di un'approvazione molto calda e molto autorevole. Dirò di più, egli ricorda nel suo articolo di avere augurato, dopo la pubblicazione del mio libro Il segreto della Croce e dell'Aquila nella Divina Commedia, che io approfondissi le opere rossettiane che egli, a differenza dell'enorme maggioranza dei nostri letterati, aveva lette. Devo in realtà a lui l'essermi accostato al Rossetti e mi è caro riconfermargli qui la mia gratitudine per il suo prezioso consiglio.
      Il Bruers espone un dubbio sull'eccessività della mia tesi simbolica e scrive: «Il Valli, afferrato e quasi rapito dalla sua mirabile scoperta, tenderebbe a escludere in una misura che mi sembra eccessiva, i valori poetici dei "Fedeli d'Amore", valori che a mio parere, s'identificano nelle figurazioni femminili e naturali».
      Riconosco volentieri che il problema del quanto di donna vera o meglio di vere impressioni amorose e terrene sia rimasto nella poesia dei «Fedeli d'Amore», è problema non facile a risolversi con precisione assoluta. Secondo me (come secondo il Perez), quando Dante nella Vita Nuova dice che i poeti devono rimare su materia amorosa, questa «materia» è contrapposta alla forma nel senso scolastico.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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