IX, n. 27.
(119) De Genesis ad Litteram, cap. XVI, n. 59-60. - Perez, Op. cit., p. 160.
(120) Inf, II, 26.
(121) Sotto il velame, cap. «La fonte prima».
(122) Rime, ediz. Massera, p. 31.
(123) Par., I, 7.
(124) V. N., XXVIII.
(125) La gente grossa non si meravigli di questa affermazione di Dante della sua estasi. Fuori di ogni forma poetica nel Convivio egli ha scritto di Beatrice: «Io era certo e sono, per sua graziosa rivelazione che ella era in cielo. Onde io pensando spesse volte come possibile m'era, me n'andava quasi rapito» (II, VII, 6).
(126) Mirabile Visione, cap. «Excessus Mentis».
(127) Questo «Fedele d'Amore» è di quelli che vivono in un ambiente guelfo, e, nella necessità di invocare aiuto per la sua Treviso minacciata da Can Grande della Scala, scrisse sonetti in lode di Giovanni XXII, che si spiegano con la suggestione della speciale contingenza politica locale.
(128) Esponga.
(129) Vaticano Barberino Latino 3953, p. 4.
(130) Vaticano Barberino Latino 3953, p. 77.
(131) Amore.
(132) Vedi Rossetti, Il mistero dell'Amor platonico, vol. I.
(133) Pizzi, Op. cit., vol. I, pp. 188-189.
(134) Ecco l'excessus mentis anche in questi poeti d'amore!
(135) Pizzi, Op. cit., I., pp. 194-195.
(136) Pizzi, Op. cit., I., p. 249. Ristampo tali e quali le traduzioni del Pizzi, non sempre artistiche, ma scritte da chi conosceva direttamente i testi.
(137) Pizzi, Op. cit., ivi.
(138) Pizzi, Op. cit., I p. 250.
(139) Pizzi, Op. cit., I. ivi.
(140) Pizzi, Op. cit., I p. 254.
(141) Pizzi, Op. cit., I, p. 262.
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