(287) Non ha occhi da piangere.
      (288) Rivalta, Op. cit., p. 33.
      (289) Infondata e avventata è per me la certezza espressa dall'Aroux e dal Pèladan che significasse il consolamentum dei Catari.
      (290) V. N., XXI.
      (291) Ediz. cit., p. 83.
      (292) Ediz. cit., p. 33.
      (293) Ediz. cit., p. 31.
      (294) Ediz. cit., p. 41.
      (295) Ediz. cit., p. 28.
      (296) Si noti il carattere chiaramente religioso di questa similitudine. Non si sente che si tratta di un rito? Si ripensi all'impressione, qui perfettamente obiettiva, del Croce a proposito della poesia d'amore di Dante: «Piuttosto che poesie i componimenti di Dante, si direbbero atti d'un culto, adempimenti di riti, cerimonie, drammi liturgici».
      (297) (cibo). Ediz. cit., p. 61.
      (298) Dante, Op. cit., p. 83.
      (299) Vedi Rossetti, Il mistero dell'Amor platonico, vol. I.
      (300) Valeriani, Op. cit., I, p. 108.
      (301) Cavalcanti, Ediz. cit., p. 113.
      (302) Ediz. cit., p. 83.
      (303) Op. cit., p. 75.
      (304) Cino da Pistoia, Ediz. cit., p. 26.
      (305) Ediz. cit., pp. 56-57.
      (306) V. N., XVIII, 1.
      (307) Le Antiche Rime Volgari, p.278.
      (308) V. N., VIII, 6.
      (309) Dante, Op. cit., p. 64.
      (310) Ediz. cit., p. 43.
      (311) Sonetto XXXVIII.
      (312) R. A., Codice Vaticano 3214, n. 129.
      (313) Dante, Op. cit., p. 104.
      (314) Cino da Pistoia, Ediz. cit., p. 143.
      (315) Rivalta, Op. cit., p. 46.
      (316) Le Antiche Rime Volgari, V, p. 248.
      (317) R. A., Casanatense, d. v. 5 n. 195.
      (318) Cavalcanti, Ediz. cit., p. 142.
      (319) De Vulgari Eloquentia, I, VI, 2. Per le oscure frasi in esso contenute, che hanno sapore di gergo, vedasi il capitolo X.